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lunedì 30 novembre 2015
VÌOLA. A Milano la mostra di Andi Kacziba (Museo Francesco Messina)
domenica 29 novembre 2015
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sabato 28 novembre 2015
Cassonetti gialli di vergogna! Salvate Salvamamme: rischia la paralisi
Cassonetti gialli di vergogna!
Salvate Salvamamme: rischia la paralisi
Salvamme aiuta concretamente, da anni, migliaia e migliaia di nuclei familiari grazie a più di 5000 famiglie romane che, con puntigliosa precisione, consegnano corredi e beni in condizioni perfette da destinare a papà e mamme disoccupati o sottoccupati, che usufruiscono di una vera boutique gratuita.
Corredini prima infanzia, kit scolastici, vestiario curato per ogni giorno, abbigliamento per pensionati con reddito minimo, giochi, vitamine ed integratori, prodotti per l'igiene e la pulizia sono sempre a disposizione su richiesta di enti, municipi, parrocchie, asl...
Ci siano o meno fondi da impiegare!!
Un equilibrio perfetto tra quanto consegnato e quanto distribuito, in condizioni di massima sicurezza, sempre tutto quietanzato, da vent'anni.
UN EQUILIBRIO PERICOLOSAMENTE SALTATO da quando i cittadini romani hanno appreso l'ambiguità ed il malcostume legati alla raccolta nei cassonetti gialli.
La donazione al Salvamamme è centuplicata, con ripercussioni su gestione e minuzioso controllo di quanto impossibile, attualmente, stoccare, non più in condizione di essere accuratamente conservato, per insufficienza di spazio disponibile nei magazzini.
Non vogliamo deludere tutti coloro, di cui apprezziamo la buona volontà, che ci donano le cose che hanno tanto amato, dopo averle ben lavate e stirate e profumate, e, magari, sono costretti ad usufruire di permessi lavorativi per essere certi che sia tutto accolto ed "ospitato".
Ci fa male al cuore anche la sola idea di doverle rimandare indietro.
Salvamamme chiede alla stampa di pregare i cittadini di attendere, per nuove donazioni, la metà di gennaio, in quanto potrebbe saltare la distribuzione di migliaia di doni, già prevista per il mese prossimo, a causa della ingestibilità di questa situazione che potrebbe portare alla paralisi di ogni attività.
E questo nonostante il supporto dei volontari che rischiano, pure loro, di arrendersi.
Salvamamme chiede alle istituzioni di poter usufruire, al più presto ed a qualsiasi titolo, ma soprattutto a costo zero, di spazi adeguati al bisogno di questa città che, in massa, si rivolge alla nostra Associazione, nei momenti di più acuta disperazione, e non può essere ricacciata nella disperazione.
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mercoledì 25 novembre 2015
Donne, Amnesty: in Tunisia stupratori salvi, vittime copevolizzate e punite. Dona all' 800 531 760 per salvare migliaia di spose bambine
In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, Amnesty International ha pubblicato un rapporto sulla Tunisia nel quale denuncia le scappatoie legislative che consentono agli autori di stupri, aggressioni sessuali e violenze fisiche di farla franca, mentre le loro vittime vengono spesso colpevolizzate e punite quando osano denunciare i crimini commessi nei loro confronti.
Per difendere e proteggere le bambine dai matrimoni precoci e forzati e da altre forme di violenza Amnesty International Italia – di cui quest'anno ricorre il 40° anniversario – ha attivato il numero verde 800 531 760. Secondo le stime del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), 13.5 milioni di ragazze ogni anno nel mondo sono costrette a sposarsi prima dei 18 anni con uomini molto più vecchi di loro: 37 mila bambine ogni giorno alle quali, di fatto, viene negata l'infanzia.
Isolate, tagliate fuori da famiglia e amicizie e da qualsiasi altra forma di sostegno, perdono la libertà e sono sottoposte a violenze e abusi. Molte di loro rimangono incinte immediatamente o poco dopo il matrimonio, quando sono ancora delle bambine. Alcune preferiscono uccidersi piuttosto che vivere questo incubo. La campagna Mai più spose bambine è online sul sito www.amnestysolidale.it dove è possibile firmare l'appello per bandire il fenomeno dei matrimoni precoci e forzati in Burkina Faso. Contribuire alla campagna Mai più spose bambine e donare chiamando il numero verde 800 531 760 significa aiutare Amnesty International Italia a realizzare un cambiamento positivo nella vita di queste donne e bambine per cui non c'è libertà, non c'è giustizia, non ci sono diritti umani.
Il rapporto di Amnesty International intitolato "Aggredite e accusate: la violenza sessuale e di genere in Tunisia" sottolinea come, quasi cinque anni dopo la rivolta del 2011, il paese arabo leader nel campo dell'uguaglianza di genere continui ancora a non proteggere - per carenze legislative e radicate attitudini discriminatorie - le donne che subiscono violenza e le persone prese di mira a causa dell'identità di genere, dell'orientamento sessuale e delle loro attività sessuali.
"Questo rapporto illustra l'agghiacciante rovesciamento dei concetti di reato e punizione in Tunisia. Una combinazione di leggi arcaiche, politiche inefficaci e diffusi stereotipi di genere rende difficile per le donne chiedere giustizia per i reati subiti e talvolta le pone sul banco degli imputati" – ha dichiarato Said Boumedouha, vicedirettore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
"È inquietante il fatto che, oltre a subire violenze orribili, chi vi sopravvive debba affrontare grandi ostacoli per ottenere giustizia e sia di fatto abbandonata dalle autorità" – ha aggiunto Boumedouha.
Il rapporto di Amnesty International contiene interviste a decine di persone che hanno subito violenza fisica, aggressioni sessuali, stupri, violenza domestica e molestie sessuali: donne e ragazze ma anche lavoratori e lavoratrici del sesso e persone lesbiche, omosessuali, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti), queste ultime attaccate a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere.
Racconti orribili
Le donne e le ragazze tunisine vivono in una società che preferisce preservare l'onore familiare piuttosto che chiedere giustizia. Le donne, soprattutto coloro che hanno subito aggressioni sessuali o violenza in famiglia, sono scoraggiate dal presentare denuncia e indotte a credere che, in caso contrario, getteranno vergogna sulla famiglia. La polizia spesso ignora o persino fa sentire in colpa chi osa denunciare e talvolta si attribuisce un ruolo di mediazione, anche nei casi più gravi di violenza.
Queste attitudini sociali e le manchevolezze dello stato sono particolarmente gravi in un paese dove la violenza sessuale e quella di genere sono radicate. Quasi la metà delle donne (il 47 per cento) intervistate in un sondaggio del 2010 ha dichiarato di aver subito violenza e vi sono pochi segnali che la situazione, da allora, sia migliorata.
Molte donne tunisine si sentono intrappolate in un ciclo di violenza - stupro compreso - che spesso chiama in causa i loro mariti. Donne incontrate da Amnesty International hanno denunciato di essere state prese a schiaffi e a calci, picchiate con cinture bastoni e altri oggetti o minacciate coi coltelli, strangolate e persino bruciate.
"Mio marito mi picchiava ogni giorno. Quando, nel 2009, ho deciso di denunciarlo dopo che mi aveva spaccato il naso e sfregiato il volto, la polizia ha dato la colpa a me" – ha detto una donna, che continua a subire violenza domestica.
Questa donna ha nuovamente denunciato il marito nel 2014. Questi, invece di essere arrestato, se l'è cavata firmando un documento in cui prometteva di non picchiare più la moglie. Invece ha continuato, senza alcuna conseguenza.
Altre donne hanno raccontato ad Amnesty International di essere state stuprate dai mariti, compresa una che è stata costretta a un rapporto anale:
"La prima volta è stato come se mi avesse stuprata. Ha agito con forza procurandomi delle ferite che poi si sono infettate. Per qualche giorno abbiamo dormito separati, poi ha ricominciato dicendomi 'Tu sei mia moglie e io ho il diritto di fare quello che voglio'".
Una donna ha riferito ad Amnesty International di essere stata stuprata a 17 anni da un uomo che aveva incontrato dopo che era fuggita di casa per evitare la violenza domestica. Dopo lo stupro è rimasta incinta e ha ricevuto pressioni perché sposasse quell'uomo per evitare la vergogna di essere una madre single.
In seguito, ha divorziato ma grazie alla legge che permette l'impunità in cambio del matrimonio a chi stupra una donna di meno di 20 anni di età, il suo ex marito non può essere condannato.
Il rapporto di Amnesty International evidenzia che le leggi in materia di stupro presentano gravi carenze e scoraggiano le donne dal farsi avanti e chiedere giustizia. In sostanza, queste norme pongono un'indebita enfasi sull'uso della forza o della violenza, rendendo difficile per le donne provare lo stupro in assenza di prove mediche che includano segni di danni fisici.
Paura della polizia
Le persone Lgbti che hanno subito violenza sessuale e fisica vanno incontro a un rischio persino maggiore di essere respinte dalla polizia o di essere incriminate, a causa della diffusa omofobia e transfobia e della criminalizzazione delle relazioni sessuali tra persone consenzienti dello stesso sesso.
Sharky, una lesbica di 25 anni, ha subito almeno otto aggressioni negli ultimi nove anni. Una volta è stata accoltellata e picchiata brutalmente. Quando, in un'occasione, ha deciso di denunciare l'accaduto si è sentita minacciare di essere condannata a tre anni di carcere in quanto lesbica.
Amnesty International ha incontrato persone transgender processate per offesa alla morale pubblica, a causa del loro aspetto.
Le leggi sull'indecenza possono essere a loro volta usate per punire chi ha subito violenza sessuale. Nel settembre 2012 Meriem Ben Mohamed è stata accusata di "indecenza" dopo che aveva accusato due poliziotti di averla stuprata.
I lavoratori e le lavoratrici del sesso sono particolarmente esposti allo sfruttamento sessuale, ai ricatti e alle estorsioni, in primo luogo da parte della polizia. La criminalizzazione delle loro attività comporta che spesso non denuncino le violenze subite per timore di subire incriminazioni.
Una donna ha raccontato ad Amnesty International di essere stata ripetutamente sottoposta ad abusi sessuali e a sfruttamento, per due anni, da parte di un agente di polizia che aveva scoperto che si prostituiva.
Un'altra lavoratrice del sesso ha raccontato di essere stata sottoposta a molestie sessuali dopo l'arresto: "L'agente che mi aveva arrestato mi chiamava 'puttana' e diceva che non avevo alcun diritto di difendermi. Durante la perquisizione mi hanno palpeggiato il seno. Loro pensano che gli sia permesso tutto e che tu non sei niente dato che sei una lavoratrice del sesso".
Un altro ostacolo nei confronti delle donne che vogliono denunciare gli abusi sessuali è costituito dalla previsione di cinque anni di carcere per il reato di adulterio. Amnesty International ha incontrato donne minacciate in questo senso per aver cercato di denunciare la violenza subita.
Fermare l'ondata di violenza
La Costituzione del 2014 ha rappresentato un grande passo avanti per la tutela dei diritti umani e per le campagne svolte dal movimento per i diritti delle donne nel corso degli anni. Essa garantisce maggiore protezione alle donne e prevede l'uguaglianza di genere e il divieto di discriminazione. Contiene anche importanti garanzie per la protezione dei diritti delle persone Lgbti e tutela il diritto alla vita privata e alla libertà d'espressione, pensiero e opinione.
Tuttavia, l'iter di una nuova legge per contrastare la violenza contro le donne e le ragazze e depenalizzare le relazioni sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso si è recentemente bloccato.
Amnesty International chiede alla Tunisia di attuare una serie di significative riforme per porre fine alla dilagante discriminazione e alla violenza che continua a rovinare la vita di tante persone, tra cui:
- assicurare che le persone che hanno subito violenza sessuale o di genere abbiano maggiore accesso ai servizi di salute pubblica e alla giustizia senza timore di andare incontro a pregiudizi sociali e legislativi;
- adottare una legge di vasta portata per fermare la violenza contro le donne, in modo coerente con gli obblighi internazionali della Tunisia sui diritti umani;
- rivedere le leggi che producono effetti dannosi, attraverso il riconoscimento dello stupro coniugale, la fine dell'impunità per i rapitori e gli stupratori qualora sposino le loro vittime se di età inferiore a 20 anni e l'abolizione delle norme che criminalizzano le relazioni sessuali tra persone non sposate e tra persone adulte e consenzienti dello stesso sesso.
"La Tunisia ha il dovere di proteggere i diritti delle persone che hanno subito stupri e orribili abusi sessuali, invece di farle sentire in colpa e svergognarle. Le autorità devono inviare il chiaro messaggio che la violenza sessuale e di genere non sarà più messa sotto il tappeto. Solo attraverso coraggiose riforme che sfidino le norme esistenti in ambito sociale e di genere, la Tunisia potrà davvero eliminare l'ineguaglianza di genere e proteggere le persone prese di mira a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere" – ha sottolineato Boumedouha.
"Le autorità devono inoltre aprire indagini indipendenti e imparziali su tutte le forme di violenza sessuale e di genere e fornire maggiori servizi di sostegno alle vittime" – ha concluso Boumedouha.
Roma, 25 novembre 2015
Ulteriori informazioni
Il rapporto "Aggredite e accusate: la violenza sessuale e di genere in Tunisia" è disponibile all'indirizzo: http://www.amnestysolidale.it/tm/a_custom/download/tunisia-final-report.pdf
Il documento fa parte della campagna globale di Amnesty International "My Body My Rights", che chiede ai governi di porre fine ai controlli e alla criminalizzazione nel campo della sessualità e della riproduzione.
L'appello "Tunisia: proteggere le vittime di stupro" è disponibile all'indirizzo:
http://appelli.amnesty.it/tunisia-proteggere-vittime-stupro/
Il numero verde 800 531 760 per sostenere la campagna Mai più spose bambine e donare per salvare migliaia di bambine dai matrimoni precoci e forzati è attivo, da rete fissa e cellulari, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19.
L'appello "Burkina Faso: no ai matrimoni forzati" è disponibile all'indirizzo:
http://appelli.amnesty.it/burkina-faso-matrimoni-forzati/
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Donne in Campo-Cia a Montecitorio: il lavoro è una grande arma anti-violenza, in agricoltura un'impresa su tre è "rosa"
"Le donne hanno la grande capacità di rigenerarsi, di rialzarsi superando difficoltà anche drammatiche, nella vita come nella crisi economica, dove hanno dimostrato in questi anni di saper reggere meglio dei colleghi uomini alle fluttuazioni del mercato. Ed è proprio nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne che la politica riconosce e celebra questa capacità femminile di 'generare' e di innescare, quindi, la ripresa, del Paese". Lo ha detto la presidente nazionale di Donne in Campo-Cia, Mara Longhin, intervenendo oggi a Montecitorio all'incontro "La ripresa è donna" promosso dalla presidente della Camera Laura Boldrini.
"Il lavoro è una risorsa per le donne, una potente arma antiviolenza -ha spiegato Longhin-. Come già detto anche dalla Boldrini, lavorare, fare impresa, significa anche avere quell'autonomia economica, quella capacità decisionale che ci rende forti e ci sottrae a molte violenze. Violenze fisiche di cui si registra il drammatico esito, violenze psicologiche che restano sconosciute e spesso subite senza nessuna consapevolezza". Ma spesso è il mondo del lavoro che lascia fuori le donne, soprattutto se si parla di giovani e di Sud: "E invece c'è un settore produttivo, l'agricoltura, in cui la presenza femminile si è imposta e continua a crescere. Senza bisogno di quote rosa -ha ricordato-. Oggi in Italia le aziende agricole con a capo una donna sono più di 497 mila, cioè oltre il 30% del totale, mentre le lavoratrici rappresentano quasi il 40% della forza lavoro complessiva del comparto. Con un processo graduale di 'femminilizzazione' che parte proprio dalle regioni meridionali".
"Le donne, insomma, sono un caso di resilienza e di resistenza nei territori rurali, ma soprattutto sono quelle che hanno raccolto per prime e meglio la sfida di dare un futuro all'agricoltura", ha aggiunto la presidente di Donne in Campo-Cia, "costruendo al contempo risposte concrete alla sempre più accentuata carenza di welfare che le lascia sempre più sole nelle cure familiari. Risposte che noi chiamiamo multifunzionalità, quindi agri-asili e agri-nidi, fattorie didattiche, aziende agri-sociali che includono persone disabili, anziani, migranti".
"La forza delle donne è il 'prendersi cura' -ha sottolineato Longhin- e le donne dell'agricoltura lavorano ogni giorno per la salute non solo delle persone, garantendo cibo sano e di qualità, ma anche del suolo, della biodiversità, delle acque, del clima, dei sistemi naturali, delle culture e tradizioni locali. La nostra capacità creativa, dinamica, flessibile ci porta a realizzare imprese capaci di dare prima di ricevere in quella compartecipazione tra natura e donna, che è la capacità di generare la vita. Questa capacità ci rende sensibili a un modello d'impresa che deve essere sostenibile non solo dal punto di vista economico, ma ambientale e sociale, nella lungimiranza di salvaguardare il bene 'terra' (generatrice di vita) per le generazioni future".
E "proprio nell'ottica del nostro dinamismo che ci rende sempre protagoniste, lancio una proposta, chiedendo alla presidente Boldrini di appoggiarla e sostenerla: sono anni che le nostre aziende femminili impegnate nell'agricoltura sociale -ha evidenziato Longhin- cercano di ospitare donne vittime di violenza costrette a fuggire, a volte con i loro figli, dalle proprie case. L'ambiente di un'azienda agricola può rappresentare, in momenti così drammatici in cui nuclei familiari vengono spezzati, il mantenere la 'visione' di 'un futuro ancora possibile'. Chiediamo che la legge sull'agricoltura sociale di recente approvazione, nei suoi decreti attuativi, colmi questa lacuna e renda possibile alle nostre imprenditrici e all'agricoltura sociale più in generale di accogliere le donne vittime di violenza per dare loro quel benessere psicofisico che il nostro ambiente agricolo può. La terra -ha chiosato la presidente dell'associazione femminile della Cia- non fa discriminazioni, è inclusiva e, nel dedicarsi a essa, ognuno ha sempre trovato il suo ruolo, la sua dignità, proprio perché chiunque, se messo in grado, può far emergere la sua 'capacità di fare'".
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GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE: SELVAGGIA LUCARELLI, ANDREA BERTON ED EMANUELA FOLLIERO PER LA CAMPAGNA ‘SOS ALLO SPECCHIO’, UNA FOTO PER DENUNCIARE
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martedì 24 novembre 2015
25/11 No alla violenza sulle donne anche dai fumetti con Felinia e Dentiblù
Felinia e tutta la Casa Editrice Dentiblù contro ogni forma di violenza di genere e sull'importanza di fare sensibilizzazione in particolare tra i giovani
Il 25 novembre si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, un giorno per ricordare tutte le vittime e per fermarsi a riflettere su quanto, ancora oggi, sia diffuso questo fenomeno e di come continui a crescere il numero di chi subisce violenza sia fisica, sia mentale. Ma nel 2015 c'è ancora bisogno di dirlo? Questa la domanda che pone Felinia, personaggio delle strisce a fumetti Sketch & Breakfast (https://goo.gl/JSEYXF) di Simona Zulian e Andrea Ribaudo, nella vignetta realizzata in collaborazione con IAIA - Ilaria Associazione Impegno Antiviolenza, in ricordo di Giulia, la cui vita è stata spezzata dalla mano del suo ex fidanzato.
"Abbiamo realizzato questa vignetta nella speranza di muovere qualche coscienza ancora intorpidita, e augurandoci di poter aiutare IAIA, un'associazione nata per non dimenticare l'omicidio di Ilaria Leone, morta a soli 19 anni dopo essere stata stuprata e picchiata, che opera per fermare la violenza sulle donne. - Hanno commentato gli autori. - Se il nostro lavoro può contribuire a diffondere il loro messaggio, laddove ancora ci fosse bisogno di ricordare che la violenza è sbagliata, siamo ben lieti di farlo. Se una donna dice no, o dice basta, va rispettata la sua volontà. Questo è un concetto che, purtroppo, sembra essere ancora poco chiaro a molti individui che non ci sentiamo di definire 'uomini'. Ci auguriamo che le nostre vignette, veicolando il messaggio in rete in modo virale, possano contribuire a far riflettere e a ricordare tutte le vittime".
L'intera Casa Editrice Dentiblù (www.dentiblu.it), che pubblica le avventure di Felinia, si unisce per ribadire il rifiuto a ogni forma di violenza. "Nel nostro piccolo, vogliamo dare il nostro contributo, affinché si continui ad affrontare il tema, cercando di sensibilizzare tutta la popolazione, e in particolare i giovani, che costituiranno la società di domani. - Hanno commentato i fondatori Barbara Barbieri e Stefano Bonfanti. - Felinia è uno dei personaggi più amati del nostro catalogo, e sappiamo dai messaggi che ci arrivano, che molte ragazze e molti ragazzi trovano nelle strisce di Sketch & Breakfast una dimensione nella quale si sentono accettati, dove non sentirsi più 'diversi' e quindi sbagliati. Per questo, crediamo che anche i fumetti possano avere una forte utilità sociale".
SENCE COPENHAGEN, CHRISTMAS CHIC





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