Milano, 24 novembre 2016 – Anna Doppiu è solo l'ultima delle vittime di un fenomeno, quello del femminicidio, che non accenna ad alcuna battuta d'arresto.
La donna è stata barbaramente assassinata qualche giorno fa a Sassari dal marito, che le ha dato fuoco dopo averla massacrata di botte, perché non accettava di essere lasciato.
Secondo quanto riportato dall'associazione SOS Stalking (www.sos-stalking.it/), da gennaio 2016 a metà novembre di quest'anno sono 102 le donne uccise in Italia, prevalentemente dal marito o dal compagno.
Ancora troppe, anche se il dato è leggermente in calo del 9% rispetto allo stesso periodo del 2015, quando si contavano otto omicidi in più, per un totale di 116 in 12 mesi.
Se confrontati con quelli dei due anni precedenti, i numeri risultano percentualmente in aumento rispetto all'anno 2014, che ha visto la triste conta di 110 vittime (al 25 novembre erano 98) e in calo rispetto al 2013, 'annus horribilis' in cui si sono registrati ben 138 femminicidi (al 25 novembre erano 120).
"I dati confermano purtroppo che il trend continua ad essere costante e che, ciò nonostante, è calata l'attenzione da parte della politica, che tende a privilegiare tematiche referendarie da mesi, senza curarsi di mettere in cantiere misure di contrasto a questo triste primato - afferma l'avvocato Lorenzo Puglisi, Presidente e fondatore dell'associazione SOS Stalking – È importante che le donne imparino a riconoscere le situazioni a rischio: anche piccole avvisaglie fatte di minacce, insulti o comportamenti sopra le righe, devono costituire spie di allarme. Per questo è necessario coltivare un'imponente opera di prevenzione istruendo i giovani all'empatia e all'educazione sentimentale già dai primi anni di scuola. Solo così si può alimentare la speranza che in futuro i numeri calino sensibilmente".
Su 102 casi di femminicidio da inizio gennaio a oggi, l'età media delle donne uccise è di 50 anni mentre, dando uno sguardo alla cartina, la Lombardia rimane in testa con 17 vittime, segue l'Emilia Romagna con 14 e al terzo posto di questo (triste) podio c'è il Veneto con 12.
A seguire ancora Piemonte con 11 donne uccise, Toscana e Campania (10), Lazio (7), Liguria (6), Calabria (4), Sicilia e Puglia (3), Friuli-Venezia Giulia e Sardegna (2) e infine Umbria (1 vittima).
Parallelamente non possiamo dimenticare quelle che vengono comunemente definite vittime 'secondarie', ovvero i figli che rimangono orfani più spesso della madre, nei casi peggiori di entrambi i genitori, quando il delitto assume la duplice veste di 'omicidio-suicidio'.
In seguito ai 102 casi già denunciati di omicidi al femminile, sono rimasti orfani 72 figli, anche se i numeri sono stimati al ribasso, precisa Puglisi: "Di due casi sappiamo che le vittime avevano più di un figlio, ma non conosciamo il numero esatto, mentre un bimbo, oltre ai 72 stimati, era nel grembo della madre ed è deceduto con lei".
Non dimentichiamo poi le conseguenze a lungo termine e, spesso, irreparabili per le vittime 'secondarie', che ancora non possono contare su un fondo nazionale che le supporti economicamente e che ancora oggi rischiano di subire gli effetti della mancanza di una norma che escluda automaticamente il genitore omicida dall'asse ereditario della vittima: "Non solo il trauma legato allo shock per aver in alcuni casi testimoniato direttamente all'omicidio, ma anche la difficoltà ad elaborare il lutto in una fase delicata della crescita e la sopravvenuta indigenza sono le drammatiche conseguenze a cui i minori vanno incontro. Non è raro che gli orfani dei femminicidi finiscano sulla strada della delinquenza, o della droga. Ancora non esiste una norma specifica che tuteli o sostenga, anche economicamente, questi orfani speciali, a differenza di quanto invece accade per altre categorie, come per le vittime di mafia, o del terrorismo, ad esempio. Possiamo affermare che il dramma si somma alla tragedia", conclude Puglisi.
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