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mercoledì 6 maggio 2015

Che Schifo le Donne Incinta: "Paghiamo FB, per questo non ci rimuovono". Al via la raccolta firme contro la fanpage

“PAGHIAMO FACEBOOK, PER QUESTO NON CI RIMUOVONO”
 

 PARTE LA PETIZIONE CONTRO LA FANPAGE “CHE SCHIFO LE DONNE INCINTA”

Nonostante le numerose segnalazioni, Facebook ha giudicato la fanpage conforme agli standard della comunità. Su Firmiamo parte la raccolta firme contro il social network.


Paghiamo fb per avere più visibilità, quindi non possiamo essere bannati”, questa la risposta degli admin della pagina Facebook “Che schifo le donne incinta” (facebook.com/CheSchifoLeDonneIncinta) in seguito alle numerose segnalazioni degli utenti sdegnati per i continui post ricchi di insulti e di termini scurrili verso le donne incinte e i loro nascituri, come “Smettete di partorire bestie” o “Sulle donne gravide piscio”.

Effettivamente le continue segnalazioni della pagina non hanno portato a nessun provvedimento e il potente social network si è limitato a dire che è conforme agli standard della comunità. Nessuna lesione del buon senso civico quindi, nessuna offesa alla donna e al diritto di maternità, tutto regolare. Da qui, la petizione aperta su Firmiamo.it, visibile al link https://goo.gl/dla7g6, per chiedere al social network di rivedere la sua posizione e alle persone di continuare a segnalare.

La spiegazione della mancata rimozione arriva dagli stessi amministratori della fanpage che in un post dello scorso 28 aprile scrivono: “In chat arrivano numerosi messaggi di gente che ci denuncia e che ci segnala a fb. Per quanto mi stiate sul culo vi do un consiglio: segnalarci è inutile, paghiamo fb per avere più visibilità, quindi non possiamo essere bannati, usate il tempo che vi sto facendo risparmiare per cose più utili come imparare a fare un nodo scorsoio e andare alla ricerca di un posto tranquillo dove trasformarlo nella vostra ultima collana (…)”.

“In un momento storico, nel quale si discute di diritti delle donne e di omofobia – si legge nella petizione -, abbiamo il dovere di prendere le distanze da contenuti che non rispettino la libertà e la natura più intima della donna, ovvero quella della maternità. Molte donne non possono diventare madri e sono costrette ad intraprendere strade costose, a volte discutibili, per riuscire nel proprio intento. Offendere questo diritto naturale significa ledere la donna nella sua libertà principale, oltre che offendere la natura umana”.

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