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martedì 3 dicembre 2013

L'Italia non è un paese per donne...lavoratrici

Vi sembra un’affermazione drastica? Allora provate a chiedere alle donne che sono costrette a firmare lettere di licenziamento in bianco o a quelle che lavorano fino a due giorni prima del parto, terrorizzate dall’idea di perdere un’occupazione conquistata spesso con infinita fatica.
Non si tratta di chiacchere da bar: la stessa Consulta per le pari Opportunità della Commissione per le politiche del lavoro e dei sistemi produttivi, afferma che tra donne e uomini in Italia c’è una differenza occupazionale del 19% (inutile dire a sfavore di chi), mentre tra donne italiane ed europee il divario è del 12%.
Non vive ovviamente in Italia Marissa Mayer, nominata amministratrice delegata di Yahoo nel corso della gravidanza. Evidentemente nessuno deve aver pensato, come succede qui, che una gravidanza mini le capacità mentali di una lavoratrice.
Per quanto riguarda invece il sostegno dato dallo Stato, basti pensare che in Svezia ogni genitore ha 60 giorni di congedo obbligatorio, mentre in Belgio è possibile dedurre tutti i costi legati alla spese sostenute per la crescita di un figlio.
Davanti a questi dati pensare di andarsene sembra quasi necessità, e gettare l’ancora in altri porti l’unica speranza per dare un’opportunità a sé stesse e alla propria famiglia.
Una volta deciso di fare il grande salto, non dimenticate un particolare importante: accanto ad un buon curriculum da giocarsi all’estero, è necessario avere una traduzione asseverata di diplomi, certificati e titoli di studio in genere. Si tratta di una traduzione "giurata" o "certificata", dove si attesta la corrispondenza tra il testo tradotto e quello originale, per renderlo valido nel paese dove si è deciso di vivere.
Siete pronte a partire Signore? In bocca al lupo, allora, e che il lavoro sia con voi!

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